Si può anche chiaramente dimostrare che l'uomo, senza alcuna intenzione o pensiero di migliorar la razza, lentamente sì ma certamente, produce grandi cambiamenti, conservando in ogni successiva generazione gli individui ch'egli apprezza di più, e distruggendo quelli che non hanno alcun pregio. Vedremo perchè le razze domesticate si mostrino acconcie ai bisogni e ai piaceri dell'uomo; e perchè gli animali domestici e le piante coltivate abbiano spesso un carattere anomalo, se comparate colle specie naturali; per la ragione che gli uni e le altre furono modificati non a loro proprio beneficio, ma a beneficio dell'uomo.
In un altro volume tratterò, per quanto il tempo e la salute me lo permettano, della variabilità degli esseri organici nello stato di natura; vale a dire, le individuali differenze che si riscontrano negli animali e nelle piante; e quelle differenze un po' più grandi e generalmente ereditarie, che i naturalisti sogliono qualificare varietà o razze geografiche. Si vedrà quanto sia difficile e sovente impossibile distinguere le razze dalle sottospecie (così qualche volta si chiamarono le forme non ben distinte); e le sottospecie dalle specie vere. Io mi proverò inoltre a dimostrare che le specie comuni, che hanno grande estensione, e perciò si ponno chiamare specie dominanti, variano più frequentemente, e che i generi più estesi e più sparsi comprendono il massimo numero di specie soggette a variare. Tali varietà, come vedremo, possono a buon diritto chiamarsi specie incipienti.
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