Si racconta(1480) che Erittonio, alcune generazioni avanti la guerra troiana, teneva delle cavalle per la riproduzione, "le quali, per le di lui cure e la sagacia nella scelta degli stalloni, producevano una razza di cavalli di molto superiore a quelle dei paesi circostanti". Omero (5° libro) parla dei cavalli di Enea come allevati da cavalle che erano state unite cogli stalloni di Laomedonte. Platone, nella Repubblica, dice a Glauco: "Vedo che in casa tua educhi molti cani per la caccia; hai tu anche cura nell'allevarli ed accoppiarli? Non v'hanno fra gli animali di buon sangue sempre alcuni che sono superiori agli altri?" E Glauco risponde affermando(1481). Alessandro il Grande scelse fra i bovini indiani i più belli per spedirli in Macedonia affinchè migliorino la razza(1482). Secondo Plinio(1483), il re Pirro teneva una razza di buoi di pregio particolare, e non permetteva che i tori si unissero alle vacche prima che raggiungessero l'età di quattro anni, affinchè la razza non degenerasse. Virgilio, nel terzo libro delle Georgiche, insiste, come nessun moderno agricoltore potrebbe farlo maggiormente, nel dare il consiglio, di scegliere con cura i genitori, "di notarsi la stirpe, la provenienza ed il padre che si vuole conservare come maschio del gregge", di marcare i discendenti, di scegliere le pecore col vello più puro, e di vedere se la loro lingua sia bruna. Noi abbiamo visto che i Romani tenevano l'albero genealogico dei loro colombi, ciò che sarebbe stato un procedere senza senso, se non si fosse impiegata grande cura nella riproduzione.
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