E oltre alle sue lezioni, s'occupava di problemi tecnici speciali, teneva dietro ai vari congressi regionali dei maestri di ginnastica, registrandone le deliberazioni, leggeva quante opere straniere sulla materia le capitassero alle mani tradotte, e non perdeva un numero dei dieci giornali ginnastici d'Italia, di parecchi dei quali era corrispondente. Uno dei suoi articoli sull'utilità pratica del salto, scritto con garbo e con forza, aveva destato l'ammirazione del maestro Fassi, e dato occasione alla loro amicizia; la quale, peraltro, era da parte del maestro un po'interessata, poiché, pieno di idee e di cognizioni nella sua scienza, egli mancava affatto di stile, come il Marechal di Emilio Augier, e anche un po' di grammatica; e la Pedani provvedeva mirabilmente alla sua deficienza, convertendo i suoi appunti in articoli, ai quali egli metteva con mano franca la propria firma. Ma la Pedani, che non scriveva per la gloria, non se ne curava. Tutta dedicata alle sue scuole, in giro tutti i giorni ai quattro angoli di Torino, a tavolino a studiare quando non era in giro, occupata da sé sola in esperimenti ginnastici quando non studiava sui libri, essa esercitava infaticabilmente il suo apostolato per la rigenerazione fisica della razza senza avvedersi né dei mille sguardi che si avvolgevano da ogni parte intorno al suo bellissimo corpo, né delle invidie e delle gelosie che suscitava. Tanto che chi la conosceva da vicino la considerava come una natura di donna, misteriosa, refrattaria all'amore, e quasi priva d'istinto sessuale, e l'ingegner Ginoni, a cui piaceva di scherzar con lei, la chiamava "la vulneratrice invulnerabile". E pareva ch'ella giustificasse quest'idea con la nessuna o pochissima cura che prendeva del suo abbigliamento, se non per la pulitezza, che serbava irreprensibile.
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