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      Erano lí appunto tutt'e due, alle sette della sera, dopo aver desinato, sedute a un piccolo tavolino rischiarato da un lume di benzina, e la Pedani sfogliava sotto gli occhi dell'amica, che le teneva un braccio intorno al collo, la Ginnastica degli anelli del dottor Orsolato, quando venne la portinaia a portar la lettera del segretario.
      La Pedani la fece entrare nella sua camera per ripeterle ancora una volta quello che le andava dicendo da un mese, di non torturare più la sua bambina. Aveva una figliuola che ingobbiva, diceva lei, e s'era lasciata persuadere da un bottegaio ortopedico del vicinato a metterle un busto di lastrine metalliche, il quale, premendola troppo al costato, la faceva soffrire e strillare come un'indemoniata. La Pedani voleva che la mamma buttasse via quello strumento, cagione possibile d'una consunzione polmonare, e che affidasse la bimba a lei per la cura ginnastica. Ma quella non ci credeva. E anche questa volta le diede la risposta solita:
      - Ah! ci vuol altro che la sua ginnastica, signora maestra!
      - Mi fate pietà, - le rispose la Pedani..
      Poi, uscita la portinaia, guardò la soprascritta della lettera, di cui non riconosceva i caratteri. La Zibelli si alzò come per uscire, ma l'incertezza del suo passo mostrava cosí poca voglia d'andarsene che la Pedani le disse di rimanere. D'altra parte, essa non faceva segreti né con lei né con altri.
      Aperta la busta, guardò la firma, e cominciò a leggere senza dare alcun segno di maraviglia. Solo quando ebbe finito, sorrise, tentennando il capo, con gli occhi fissi sul foglio, come se per la prima volta le si chiarissero alla mente i vari indizi che le avrebbero dovuto far prevedere quel caso.


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





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