La Zibelli, punta dalla curiosità, ma trattenuta da quel silenzio, non osò far domande; ma seguí con l'occhio tutti i suoi movimenti. L'altra s'alzò, buttò sbadatamente la lettera nel cassetto del tavolino dei libri, e avvicinatasi all'armadio, prese il suo cappello. La Zibelli si ricordò che la sua amica doveva andare al Club alpino a sentire una conferenza della contessa Palazzi-Lavaggi sulle ascensioni alpine delle donne. Un'idea le balenò; ma per stornare ogni sospetto, disse sorridendo:
- Ah! tu fai dei misteri.
- Non è un mistero, - rispose la Pedani con indifferenza; - te lo dirò poi -. E si mise il cappellino alla carlona.
La Zibelli, scherzando, l'accompagnò fino all'uscio, s'andò ad accertare che la serva era in cucina, rientrò lesta nella camera dell'amica, pigliò la lettera nel cassetto, guardò la firma, e impallidí. Poi lesse la lettera intera, e fu presa da una tal fiammata di rabbia che si guardò intorno con la tentazione di rompere e di calpestare ogni cosa. Anche quello le portava via! Oh la nefasta creatura! Essa l'avrebbe in quel momento crivellata a colpi di spillo. E ciò che l'arrabbiava di più era che, sebbene nella lettera non fosse nessun accenno al matrimonio, si capiva però dalla gravità quasi comica d'ogni frase che non era una dichiarazione d'amore fatta alla leggiera, con uno scopo di semplice galanteria; ma una lettera ruminata e ponzata, lo sfogo d'una passione che durava da un pezzo, e con un proposito serio. E lei s'era potuta illudere in quel modo, e aveva fatto da comodino a tutti e due!
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