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      Mai quei rumori gli avevano agitato il sangue come quella sera. Egli li conosceva tutti, e seguitava con essi tutti i movimenti di lei. Rimuove la seggiola, gira per la camera buttando i panni qua e là, apre e chiude l'armadio, mette il candeliere sul tavolino da notte, lascia cadere uno stivaletto, un altro... Ah! miseria della vita! Era proprio quello il momento in cui il povero don Celzani sentiva più forte il rancore contro la natura, che pareva lo avesse scolpito apposta per il ministero ecclesiastico, e avrebbe dato venti anni di vita per cambiar viso. Ma poi, poco a poco, col prolungarsi della veglia, l'esasperazione dei desideri si stancava e si raddolciva in un sentimento di tristezza affettuosa ed umile, durante il quale, abbandonando la persona adorata, egli si contentava con la fantasia degli oggetti di lei, che aveva sentiti cadere a uno a uno; e gli pareva che gli sarebbe bastato di aver quelli, di palparli, baciarli, addentarli, per uno sfogo, E non dormí quasi quella notte, e si svegliò prima dell'alba, per aspettare il rumore solito, che gli soleva ridestare tutta la violenza dei desideri acquietati dalla stanchezza. E infatti, all'ora precisa in cui la Pedani soleva saltar giù, egli sentí il tonfo dei piedi nudi sull'impiantito, che lo scosse tutto; sentí il fruscio usato ch'ella faceva per vestirsi, poi il rumor sordo dei manubri tirati di sotto al letto; poiché ogni giorno, appena levata, faceva un po' d'esercizio. E quell'ultima immagine di quelle braccia gagliarde che scattavan nell'aria sopra il suo capo, gli diede finalmente l'impulso a una risoluzione ardita.


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





Celzani Pedani