Oltre che, sebbene conoscesse il cavalier Pruzzi come un bonissimo uomo, e fosse conosciuto da lui, gli ripugnava di dovergli confessare la sua passione e i suoi propositi; poiché non avrebbe potuto, senza confessarli, rivolgergli le domande delicate ch'eran necessarie.
Entrò timidamente nel modesto ufficio del direttore, che era una piccola stanza, rischiarata da una finestra sola, con degli scaffali in giro, su cui si vedevano scritti in grandi caratteri i nomi di tutte le scuole di Torino. Il direttore stava coi gomiti sul tavolino e le mani nella parrucca, curvo sopra un mucchio di carte. Al vederlo cosí piccolo e grasso, con quella buona faccia imberbe e floscia, sulla quale errava perpetuamente il pensiero inquieto della sua "enorme responsabilità", il segretario riprese un po' d'animo,
Quegli lo ricevette con un viso pien di rughe sorridenti, somigliante a una maschera di terra cotta che si screpolasse. E lo fece sedere davanti a sé, prese il biglietto dello zio, e lo invitò a parlare.
Il segretario fu un po' stupito, esponendogli a parole tentate e confuse lo scopo della sua visita, di non vedergli dare il più piccolo segno di maraviglia. Egli non fece che dondolare il capo e atteggiare il viso a quella espressione particolare di serietà, che vuol dire:
Signore, in questo momento entro in carica
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Quando don Celzani ebbe finito, si passò una mano sul ciuffetto della parrucca, e disse gravemente: - La cosa è delicata. - Poi domandò nome e cognome della maestra, e a quale sezione appartenesse.
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Pruzzi Torino Celzani
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