- Da me, - riprese quella, - non dipende il destino di nessuno. E basta cosí.
- Amen! - mormorò il Ginoni.
Scesero in silenzio gli ultimi scalini,
- Eppure, - disse l'ingegnere, sotto il portone, - lei ci pensa ancora.
- Oh giusto! - rispose la Pedani, - pensavo a tutt'altra cosa. Pensavo che alle bambine sono concessi troppo pochi movimenti degli arti inferiori. Guardi!
L'ingegnere diede in una risata, e, lasciandola, esclamò: - Abbasso Sparta!
E quella, voltandosi: - Abbasso Sibari! - e infilò il marciapiedi a grandi passi.
Don Celzani fu ferito all'anima dalla risposta, pure un po' raddolcita, che gli riferí l'ingegnere; e non lo confortò punto l'esortazione che questi gli fece a non desistere, ripetendogli il paragone della mina con la miccia lunga, che sarebbe scoppiata più tardi, indubitabilmente. Ricadde allora in uno stato tormentoso e compassionevole. Continuò a spiar la maestra quando scendeva o rientrava, per incontrarla o seguirla, e la disperazione dandogli ora maggior coraggio, le lanciava ogni volta un lungo sguardo indagatore e supplichevole accompagnato da una scappellata di mendicante, che chiedeva un sorriso per amor di Dio. Ella si manteneva sempre la stessa con lui, salutando con garbo, indifferente senza ostentazione, non mostrando d'avvedersi ch'egli s'appostava dietro l'uscio, dietro i pilastri, agli angoli dei muri, in portieria, e che stava fermo un pezzo a contemplarla, dopo ch'era passata. Capiva, peraltro, che la passione del pover'uomo si veniva infiammando ogni giorno di più. Ma v'era a questo una cagione nuova, ch'ella non sospettava.
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