Poi disse con le labbra tremanti: - Va bene, - e prese un foglio di carta bollata per scrivere la ricevuta.
Ma nel cominciare a scrivere, gli cozzarono con una tal tempesta nel capo la tentazione di coglier quel momento per far la domanda, e il timore che il momento fosse inopportuno e pericoloso, che invece di scriver sul foglio le parole solite, scrisse: "Signorina, vengo a fare un passo decisivo..."
Se n'accorse, arrossí, stracciò il foglio, ne prese un altro, ricominciò a scrivere, sempre con quella tempesta nel capo; la vista gli si velava, la mano gli ballava, le parole gli sfuggivano, la fronte gli si bagnava di sudore. La maestra lo guardava, tranquilla e seria. Essa non rideva di nulla; non aveva senso comico. S'egli l'avesse osservata in quel punto, non le avrebbe visto negli occhi che una leggera espressione di curiosità compassionevole, come quella con cui si guarda un malato d'alienazione mentale. Quando alla fine riuscí a metter la firma, la sua risoluzione era già presa.
Piegò il foglio, e ritenendolo in mano per trattener lei, s'alzò in piedi, e di rosso si fece pallido. Poi cominciò: - Signorina!...
Che cosa seguí allora nella sua mente? Forse una sincope improvvisa del coraggio, forse il pensiero improvviso che sarebbe stato meglio avviar prima il dialogo sopra un altro argomento, perché la dichiarazione non paresse troppo repentina ed ardita. Fatto sta che invece di dire quello che aveva preparato, mutato tuono tutt'a un tratto, mandando giù la saliva per la gola secca, mormorò umilmente: - Signorina.
| |
|