- Papà, - disse, incrociando le braccia sul petto, - ne vuoi sapere una incredibile?.. Don Celzani va alla Palestra!
Ma alla risata succedettero esclamazioni d'incredulità. Eppure, egli l'aveva visto entrare alla Palestra, sul corso Umberto, all'ora dell'entrata degli altri soci. Non c'era ombra di dubbio.
Le speranze fondate da don Celzani sul primo di maggio furono mandate a monte da un avvenimento imprevisto. Il commendatore, che, per scansar le visite dei suoi pigionali, soleva ogni primo del mese passar la giornata di fuori, stette in casa quel giorno, ribadito come sempre sulla sua poltrona, come se li aspettasse. Don Celzani, che aveva fatto tutti gli apparecchi per l'assalto, n'ebbe una stizza da addentarsi le mani. Sperò fino alle undici ch'egli si decidesse ad andarsene; poi perdette ogni speranza, e prese a girar per le camere col diavolo in corpo. Ma un pensiero consolante gli balenò a un certo punto: che lo zio avesse curiosità di veder un po' da vicino la Pedani, e di discorrer con lei, poiché non eran corsi fra loro che dei saluti di scala; e che questo fosse un indizio di buone intenzioni, Dopo la visita al direttore, lo zio non gli aveva più parlato dell'affare; ma don Celzani capiva che egli non ignorava la persistenza risoluta della sua passione. Chi sa! Forse egli aveva davvero quel disegno. E allora il suo dispetto si cangiò in impazienza. Sarebbe venuta come l'altra volta al tocco e mezzo. Al tocco, il commendatore era seduto nello scrittoio, con la maestosa testa bianca abbandonata sulla spalliera della poltrona, e gli occhi azzurri al soffitto.
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