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      La maestra s'alzò, ringraziando; s'alzò egli pure, e, prevenendo il nipote, l'accompagnò garbatamente fino all'uscio, dove le fece un inchino profondo.
      Il segretario, che per tutto quel tempo era rimasto in piedi in disparte, immobile, non perdendo una sillaba della conversazione, e spiando a vicenda i due visi, gongolava al pensiero che la maestra doveva aver fatto allo zio un'eccellente impressione.
      Questi, ritornato indietro, si fermò in mezzo alla stanza, e passandosi una mano sulla canizie maestosa, disse con accento paterno, quasi parlando tra sè: - Una simpatica signorina!
      E rimase come assorto nel suo pensiero.
      - Dunque, - domandò trepidando don Celzani, - lei non avrebbe più da fare alcuna obiezione?
      Lo zio parve che non capisse subito quello che voleva dire. Poi, quando capí, rispose trascuratamente:
      - Per me... nessuna. Solamente, - soggiunse, guardando il nipote da capo a piedi, - hai il suo consenso?
      Questi prese il suo atteggiamento di chierico, con una mano nell'altra, e abbassando gli occhi sfavillanti, rispose con voluta umiltà: - Lo spero.
      - Vedremo, - disse lo zio, squadrandolo ancora una volta, e risedutosi sulla poltrona, colla nuca alla spalliera e gli occhi socchiusi, si sprofondò da capo nei suoi pensieri,
      Don Celzani fu felice. La via, dunque, era interamente libera, e dopo quella visita la maestra doveva essere anche meglio disposta di prima. Egli contava di far avanti una domanda di prova, con le debite cautele, e poi la mossa suprema, quando la prima fosse stata bene accolta.


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





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