Questa la poteva far dove si fosse. Cercò dunque l'occasione per le scale. Ma fu sfortunato. La Zibelli aveva rifatto con l'amica la sua centesima riconciliazione, provocata da una delle cause solite. Lo studente Ginoni, visto respinti i suoi assalti successivi dalla Pedani, in parte per far rappresaglia, in parte per certa grossa malizia di ragazzone, con la quale credeva di spremer l'amore dal dispetto, s'era messo a far delle piccole cortesie alla Zibelli: non una corte spiegata, ma una specie di "asineggiamento", semiserio, delle conversazioni amichevoli, qualche mazzetto, delle strette di mano espressive, quando la incontrava sola. E pur senza dar gran peso a quelle dimostrazioni, la Zibelli, non sospettandone il perchè, le gradiva come una carezza al suo amor proprio, una ricreazione, un pascolo piacevole dato alla sua fantasia. Per questo, ritornata in buona con la Pedani, ogni volta che sapeva di non incontrare il giovane, le si riaccompagnava uscendo e rientrando, come per l'addietro. Don Celzani fallí dunque per cagion sua varie appostature.
Una volta, mentre egli stava per cogliere la bella tutta sola, uscí di casa il professor Padalocchi e la fermò, per lagnarsi della solita difficoltà di respiro, e dirle che la rotazione delle braccia suggeritagli da lei lo affaticava troppo. Dopo aver un po' pensato, la maestra gli consigliò la lettura ad alta voce, dicendogli che l'acceleramento della respirazione in questo esercizio era calcolato in 1,26: badasse però di leggere con una cravatta larga: ne avrebbe risentito un vantaggio.
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