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      Il silenzio si prolungava. Non si poteva restar cosí. La maestra, che neppure sapeva che cosa dire, fece un atto d'inquietudine, che egli notò.
      -... Allora, - disse, - me ne vado...
      Essa non rispose. Egli si mosse, e quando fu vicino all'uscio, voltando indietro il viso stravolto, con un accento disperato che avrebbe fatto scoppiar dal ridere uno spettatore indifferente: - Dunque, - disse, - nel tubo dell'acqua potabile non c'è niente da fare!
      Quel contrasto ridicolo tra la voce e la parola toccò nel cuore la ragazza più di qualunque supplicazione: ella fu tentata di dirgli qualche cosa per consolarlo. Ma la coscienza le vietò d'illuderlo, E disse soltanto, con un sorriso affettuoso e pietoso ch'egli non vide: - No, signor Celzani... non c'è nulla da fare.
      Quegli rispose con un singhiozzo nella gola: - Tanti rispetti! - ed uscí.
     
      E allora si disperò, perché allora l'amava con tutta l'anima, con un misto di sensualità ardente e di tenerezza infantile, avvivate continuamente dal pensiero di quell'abbraccio che l'aveva inebriato, dal ricordo dei loro colloqui familiari, di tante trepidazioni, di tante speranze, di tanti disinganni, che gli parevan la storia di metà della sua vita. E non sognò nemmeno di ribellarsi alla propria passione, come l'altra volta, perché sentiva che non era più possibile. No, a prezzo di qualunque tormento, doveva continuare a vederla, a parlarle, a strisciarle intorno come un cane, a mettersele tra i piedi a ogni passo, a sentire il suo profumo di gioventù e la sua voce profonda, a godere almeno della sua pietà, a torturarsi l'immaginazione, il cuore e la carne sotto i suoi occhi.


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





Celzani