rando, il suo viso pigliava una espressione nuova, bizzarra, fanciullesca, spaurita, unita a quella d'una grande bontà ingenua ed attonita, come d'un uomo rapito nell'adorazione perpetua d'un fantasma fuggente nell'aria.
L'ingegner Ginoni, che seguitava con occhio curioso ed accorto questo crescit eundo, incontrata una mattina la maestra Pedani nel cortile, si fermò a cinque passi davanti a lei, e le fece scherzosamente un atto minaccioso con la canna. Poi s'avvicinò, e tradusse l'atto in parole:
- Ah! spietata signorina! Ma non sa lei che il povero don Celzani si va perdendo per cagion sua?
La maestra non capí.
- Ma positivamente, - continuò l'ingegnere, - egli va perdendo la cuccuma - E disse quello che aveva inteso dal commendatore. Da un po' di tempo la segreteria non camminava più, l'amministrazione andava a rotta di collo, gl'inquilini dell'altra casa di Vanchiglia eran venuti a far il diavolo col padrone perchè non ricevevan più risposta ai loro richiami, il bravo segretario s'era fatto multare due volte per aver tardato a pagar le tasse di registro. - Ecco, - soggiunse, - a che cosa conduce la ginnastica! Ecco i funesti effetti dell'esercizio del sistema muscolare sulle funzioni del cervello! - Ancora tre giorni addietro il povero don Celzani s'era lasciato infinocchiare miseramente nella vendita di ottocento miriagrammi di fascine e di legna dei poderi dello zio, facendo uno sbaglio d'addizione che costava al commendatore centododici lire e settantacinque centesimi. Il commendatore gli aveva fatto un partaccione, era fuori dei gangheri.
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