Se don Celzani gliene faceva ancor una, egli aveva deciso di dispensarlo ipso fatto dai suoi servizi, e di mandarlo a spasimare in casa d'un altro. E lei, "fredda di cor vulneratrice", aveva il coraggio di rovinare in quella maniera un povero galantuomo!
La Pedani non sorrise: la cosa le rincresceva davvero. E lo disse, fissando gli occhi a terra, come assorta in un pensiero. - Mi rincresce, - Poi soggiunse: - Io non ci ho nessuna colpa, però.
- Questo è il male! - rispose l'ingegnere, ridendo. - Perchè, se ci avesse colpa, sarebbe obbligata a riparare. E allora... veda un po', quanti beni! Il segretario non perderebbe la testa, il commendatore non perderebbe il segretario. Povero segretario! Un cuor d'oro, in fondo, un uomo onesto, la miglior pasta di abatino fuorviato che Dio abbia messo in terra. Solamente ha la disgrazia di aspirare... alla perfezione delle linee, e la perfezione, si sa, non la raggiungono che i privilegiati. - Qui diede in una risata. - Ah! Che prodigio! Dire che lei ha mandato don Celzani alla cavallina!
La maestra pensava.
- Basta, - soggiunse il Ginoni, - purché dal salto della cavallina non passi a quello del ponte di Po!
- Oh, signor ingegnere! - disse la Pedani con un sorriso; ma non senza inquietudine. - Il signor Celzani non è uomo da far queste cose.
- Eh, signorina, - rispose il Ginoni, - l'uomo anche più mite e più ragionevole del mondo, per sé stesso, è come dell'acqua in un bicchiere: che trabocchi o no, dipende dal grado di forza della polvere effervescente che ci mette dentro la passione.
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