Allora vari inquilini si lagnarono per lettera al commendatore, alcuni di essi accennando all'amore scandaloso, alla persecuzione sfacciata che faceva alla maestra, a scene che seguivan per le scale e sotto il portone, tali, che le madri di famiglia non potevan più uscire con le loro ragazze, senza correr rischio di doversi coprire il viso col ventaglio. Fecero tanto, fra tutti, che un giorno il commendatore perdette finalmente la pazienza, e decise di far al nipote l'ultima intimazione, quando fosse rientrato pel desinare. Non avrebbe non di meno usato le parole più gravi perchè era disposto al buon umore da una letterina della Pedani, che lo invitava per due giorni dopo a un saggio ginnastico delle Figlie dei militari, nel quale si riprometteva di far delle osservazioni profonde. Ma s'indispettí al veder comparire il segretario colla fronte fasciata, pallido e impolverato. Gli domandò che cosa aveva. Egli lo disse. Alla Palestra (dove continuava a andare, anche dopo persa ogni speranza, per domare i suoi nervi) essendosi lanciato (per disperazione) a un esercizio troppo ardito sulla trave d'equilibrio, gli era fallito un piede, ed era caduto giù, picchiando del capo in una delle travi di sostegno. Il commendatore s'irritò anche di quello, che chiamò una pagliacciata. Poi gli disse fuor dei denti, con una severità che non aveva mai mostrata con lui, che era stanco della sua negligenza, della sua vita disordinata e indecorosa, e delle lagnanze che gliene venivan da ogni parte, e che lo scandalo doveva avere una fine, e che se nello spazio d'una settimana non avesse visto radicalmente mutata la sua condotta, egli l'avrebbe cacciato fuori di casa.
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