All'alba si levò stanco e sbattuto: la ferita al capo gli doleva. Stette incerto tutta la mattina se dovesse accomiatarsi da lei con una lettera o andare in persona. Decise d'andare in persona. E al tocco e mezzo salí le scale.
La maestra era sola in casa, e un po' triste. Dopo la scenata che aveva fatto per lo studente, la Zibelli le rendeva la vita amara con una nuova stranezza: pareva che volesse sfogare la sua passione sulla tavola: voleva spendere e spandere in ghiottonerie, metteva le spese di cucina per una via, sulla quale non si poteva andare avanti; e pure mangiando con l'avidità d'uno struzzo, si lagnava d'ogni cosa, attaccava liti indiavolate per una salsa andata a male, per il pane troppo cotto, per la carne troppo dura, per l'aceto senza gusto. La Pedani non ne poteva veramente più. Quel serpente le aveva avvelenato anche quella mattinata, nella quale avrebbe avuto tanto bisogno di serenità di spirito, per prepararsi al suo discorso. Morsa, oltre che dall'altra, anche dalla gelosia del suo prossimo trionfo, la Zibelli non aveva potuto resistere al supplizio di vederla fino all'ultimo momento, e dopo averle fatto una delle scene solite, sferzando la sua ambizione e presagendole un fiasco, se n'era andata senza desinare. La Pedani stava nel salottino, dando l'ultima passata al suo manoscritto, già abbigliata per il Congresso, che cominciava alle due e mezzo, Aveva un vestito nero senza guarnizioni, che la stringeva come una maglia, e la faceva parer più bianca di carne e più alta di statura; e l'agitazione dell'animo dava al suo viso una espressione di sensitività, che non aveva mostrata mai.
| |
Zibelli Pedani Zibelli Pedani Congresso
|