Scansò i suoi occhi, guardò verso la finestra, imbarazzata. Poi, vedendo che teneva lo sguardo basso, tornò a guardar lui, meditando. Essa sapeva tutto e tutto le tornò alla mente in quel punto.
L'aveva trovato in quella casa assestato, operoso, tranquillo, buono, benvoluto da tutti. Egli aveva cominciato a perder la pace per lei. E tutto era derivato di lí. La maestra Zibelli s'era inimicata per la prima con lui, il maestro Fassi l'aveva preso in odio, i Ginoni gli avevan voltate le spalle, lo studente lo voleva sfidare, il professor Padalocchi non lo salutava più, le signorine del primo piano l'avevan messo alla porta, tutti gl'inquilini gli avevan dichiarato guerra, il commendatore lo voleva cacciar di casa, l'aveva cacciato forse, ed egli se n'andava solo e ramingo. E quanto doveva aver sospirato prima ch'ella se ne avvedesse, e poi sofferto dei disinganni e delle umiliazioni, e quanto la doveva amare per ostinarsi a quel modo, dopo tanti rifiuti di lei, e a dispetto di tutti, e con tanto danno proprio! E infine, per lei, s'era rotto la testa. E guardò la sua fasciatura. E, come avviene sovente, fu ciò che v'era di comico in quel povero capo fasciato, e nell'immagine che le si presentò di lui ruzzolante giù dalle travi d'equilibrio, quello che diede l'ultima mossa alla sua pietà, e la spinse per la prima volta fino a un sentimento di tenerezza. Ma il povero don Celzani, che non le leggeva nell'animo, non vide che il sorriso che esprimeva il penultimo dei suoi pensieri, e lo credette una canzonatura.
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