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      Don Celzani fu un momento distratto da una grossa voce che gridò solennemente: - I rappresentanti di Milano non hanno alcun mandato imperativo -. Poi lo riscosse di nuovo una salva d'applausi fatta in onore d'una maestra, la quale, con voce di soprano, aveva detto che se si fosse adottato il lavoro manuale nelle scuole, sarebbe stato giusto un aumento proporzionato di stipendio. Poi seguí un nuovo arruffio. Infine un maestro piccolo e grasso, con poche parole lucide e piene di buon senso, rimise la pace, e il presidente potè porre ai voti un ordine del giorno, per alzata di mano. Duecento braccia s'alzarono, fra cui si videro moltissimi guanti di donna, abbottonati fino al gomito; un applauso seguí la votazione, e si passò all'altro tema che eran le Modificazioni da proporsi nell'insegnamento della ginnastica.
      L'annunzio del tema fece dare uno scossone a don Celzani, che credeva che la Pedani parlasse subito. E nel volger gli occhi da quella parte, egli vide comparir nella tribuna in faccia alla sua, proprio sul capo della maestra, il viso ridente dell'ingegner Ginoni.
      Ma la sua aspettazione fu delusa. Altri parlarono prima, maestri e maestre. La discussione, da principio, s'aggirò con molto disordine sul lato tecnico dell'argomento, al qual proposito si sfoggiò una fraseologia tecnologica, di cui i profani non capirono nulla, e si sentí il cozzo delle due scuole, e i nomi del Baumann e dell'Obermann proferiti in mezzo a un grande tumulto, dominato per un momento da una voce cavernosa che gridò: - Torino che fu la culla della ginnastica, ne sarà la tomba!


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





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