LA QUISTIONE SOCIALE.
(Agli studenti)
Mi domanderete per prima cosa: Voi, per quistione sociale, che cosa intendete?
È questa una delle molte domande alle quali non si può meglio rispondere che con un'altra domanda.
Ed ecco la mia risposta interrogativa.
Questo fatto della vita misera e del malcontento giustificato del maggior numero degli uomini, fatto comune a paesi poveri e ricchi, di tutti i gradi di civiltà, è effetto di una legge di natura o delle leggi umane? Questa forza, che accumula a un polo della società la ricchezza e la cultura, e all'altro il pauperismo e l'ignoranza, che restringe quasi a una classe sola gli effetti benefici della civiltà e della scienza, che preclude quasi affatto alle moltitudini l'educazione e la vita dello spirito, che fa sussistere gli uni in faccia agli altri tanti tesori superflui e tanti bisogni insoddisfatti, tanti ozi felici e tante disperate fatiche, è un destino dell'umanità o deriva da viziose istituzioni sociali?
Che la civiltà procedente stritoli sotto i suoi passi miriadi di creature umane; che sotto i piedi di questa società incivilita stia aperta, come una minaccia per tutti, la voragine spaventosa della miseria; che prenda forma più selvaggia ogni giorno questa battaglia per la vita che assorbe il meglio delle forze di tutti, e perverte le coscienze e inferocisce i cuori, atterrando intorno a ogni vincitore cento vinti; che milioni d'uomini che lavorano sian ridotti a paventare e a maledire come un flagello ogni invenzione dell'ingegno umano la quale abbia per effetto di scemare il bisogno che ha la società dei loro sudori; che il pane, che l'esistenza di famiglie innumerevoli dipendano anche in tempi ordinari dalle mille vicende di una disordinata e furiosa guerra mercantile, della quale esse non hanno nè colpa nè coscienza; è una necessità ineluttabile o è conseguenza di una lunga serie d'errori?
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