Non dovrei ribattere nemmeno coloro che vi consigliano di lasciar da un lato la quistione sociale dicendovi che essa riguarda una classe sola, o certe classi, non la vostra; poichè son certo che voi non siete tanto sdegnati dell'egoismo miserabile di quest'argomento quanto mossi a pietà dell'insensatezza di chi considera come una parte trascurabile della società la parte di lei più importante per il suo numero, più necessaria per la sua funzione, più benemerita per le sue fatiche; quella, senza di cui la nazione non ha fondamento, la patria non ha difesa, e il mondo non ha nè vesti, nè tetto, nè utensili, nè pane.
Ma l'argomento, pure intrinsecamente, è falso. La quistione sociale abbraccia ormai tutte le classi, poichè anche le classi medie, sebbene con minore intensità, per ora, e con effetti meno visibilmente dolorosi, risentono già tutti i danni di cui le inferiori si lagnano. Vi è già una gran parte della borghesia per cui l'esistenza non è meno minacciosamente precaria che per le classi chiamate con maggior proprietà lavoratrici; vi sono in tutti i campi del commercio e dell'industria le mezze fortune oppresse nella lotta disperata con le grandi; vi è un popolo di possidenti che mendica; v'è una concorrenza di cento paria per ogni stipendio che basti appena alla vita; vi sono migliaia di giovani d'ingegno e di studio a cui non è possibile di guadagnare quanto un bracciante prima dei trent'anni; v'è la vecchiezza pensionata che disputa il posto alla gioventù esordiente, la donna che lo contende all'uomo, l'uomo che lo contrasta al ragazzo; v'è una tal ressa di naufraghi intorno a ogni trave galleggiante, che quando uno per negligenza o per forza lascia andare la sua, non gli resta quasi più speranza d'afferrarne un'altra, e annega le più volte nella miseria.
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