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      Mettetevi alla sua testa e ai suoi fianchi invece di sbarrargli la strada o di lasciarlo andar solo, come l'istinto e il caso lo movono. Tempo verrà in cui sarete ringraziati e benedetti da coloro stessi che ora vi supplicano o vi minacciano perchè vi tiriate in disparte. Son tutti concordi nell'eccitarvi ad amare e a servir la patria. Ebbene, l'amerete e la servirete sapientemente in tal modo. Perchè la patria non è soltanto la terra, la storia e la bandiera: la patria è viscere e sangue umano, e la felicità del popolo sta sopra alla potenza dello Stato, e la giustizia è più grande della gloria.
     
      V'è poi il coro dei mille, i quali vi gridano: - Passate oltre: la guarigione delle infermità sociali è un'utopia. - Ma non l'ha dunque ancora sfatato la storia del mondo questo grido malauguroso, tante volte sbugiardato quante son le pietre miliari del cammino della civiltà, questa vuota parola così comoda alla infingardaggine intellettuale, così utile agli interessi minacciati, così abusata da tutte le ignoranze e da tutte le paure, con la quale si sono vilipese, beffate, respinte tutte le conquiste più gloriose della mente umana?
      Voi tutti vi ricordate la notte tempestosa dell'Innominato, quando, sul punto di bruciarsi le cervella con un colpo di pistola per liberarsi dai rimorsi che lo dilaniano, egli domanda a sè stesso: - E se quest'altra vita di cui mi hanno parlato quand'ero ragazzo, di cui parlano sempre come se fosse cosa sicura, se quest'altra vita non c'è, se è un'invenzione dei preti; che fo io? perchè morire? che cosa importa quello che ho fatto?


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La quistione sociale
di Edmondo De Amicis
Istituto Editoriale Italiano Milano
1917 pagine 65

   





Stato Innominato