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      Nel mezzo della strada passava una fila lunghissima di grandi omnibus variopinti come carri da carnevale, con una specie di gradinata di sedili sul davanti, che si allarga di sotto in su, e porta così in aria la gente in forma di ventaglio, i più bassi quasi a terra, i più alti che arrivan col capo al primo piano delle case, e sporgono fuori come se fossero sospesi. Fra l’uno e l’altro omnibus, e dalle due parti, una confusione indescrivibile di carri, di carrozze, di cabs, di barrocci, di calessi, di carrette, di carrozzoni coperti d’annunzi, di trabicoli d’ogni forma, a tre, a cinque, fino a otto di fronte, i cavalli degli uni col muso contro la parte posteriore degli altri, i mozzi delle ruote che si toccano; e un continuo scansarsi a furia di serpeggiamenti, e un formarsi e disfarsi a stento di gruppi intricati di decine di veicoli da far temere ad ogni momento che scricchiolino e si spezzino tutti insieme come una sola gran macchina scomposta da un urto violento. Tra carro e carro, lungo i marciapiedi, facchini carichi, ragazzi con carrettine a mano, lunghe file di uomini con cartelloni d’annunzi appesi al collo, affaccendati a salvarsi la vita. A ogni cantonata, quel torrente immenso d’uomini e di cose trabocca in larghi canali, riceve affluenti, si spande e ristagna in piazze e cortili, filtra nei vicoli e nei chiassuoli in torti rigagnoli che si perdono fra le case. Mentre vado innanzi così, trascinato dalla corrente, sento un fischio acuto sopra il mio capo; alzo gli occhi e vedo passare un treno di strada ferrata sovra un alto ponte che accavalcia la strada.


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Ricordi di Londra
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1874 pagine 86