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      Le architetture di tutti i paesi e di tutti i tempi vi sono raccolte, sovrapposte, intrecciate. In una stessa strada, si alternano l’araba, la bizantina, la gotica e la greco-romana, e i varii ordini inglesi; uno stesso edifizio ha finestre ad arco acuto e peristilio greco, colonnette moresche e cariatidi del rinascimento, tetto d’un pagode indiano e mura di un tempio egizio. Ad ogni cantonata, si vede qualcosa che trasporta la immaginazione a mille miglia lontano dal luogo dove uno si trova. In un punto è una reminiscenza confusa di Venezia, altrove è un’aria vaga di Roma, qui balena alla mente Siviglia, là vien pensato a Colonia, un po’ più oltre sembra d’essere in una strada di Parigi. Tutte quelle forme che si son viste altrove, così annerite come si ritrovan là dal fumo e dalla nebbia, paiono divenute più austere, paiono come intristite del trovarsi lontano dal loro paese nativo, uggite da quell’atmosfera densa, da quello strepito, dallo spettacolo di quella vita faticosa. Di più quella profusione eccessiva di colonne, di frontoni, di torricine, di ricaschi, di rilievi, d’ornamenti, di forme monumentali, riesce ostentata e stanca. Tutta quell’arte ha l’aria d’una cosa importata, e che stia là a disagio. È un ricolmo, uno spreco di ricchezza e di lusso, uno sforzo di parere. Si vede la città opulenta che s’è comprata la bellezza a peso d’oro; si sente un po’ la mercantessa rifatta e rinfronzolita.
      A queste strade fiancheggiate da palazzi principeschi, fanno contrasto altre strade lunghissime fiancheggiate da innumerevoli case tutte d’un colore, tutte d’un’altezza, tutte d’una forma, col tetto nascosto dietro i muri, in modo che paiono scoperchiate, senza terrazzini, senza persiane, nude come muraglie di bastioni; in alcune strade, nere come la gola del camino, colle porte e le finestre contornate di righinette bianche, che dan loro l’aspetto di enormi catafalchi; in altre parti, d’un rosso cupo, d’un giallastro viscoso, da parer case fatte di fango e di filiggine; e si va innanzi fra questi colori e queste mura per miglia e miglia, senza incontrar un sol edifizio che rompa quella uniformità malinconica, una sola casa che rammenti la città ricca e magnifica.


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Ricordi di Londra
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1874 pagine 86

   





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