Ma per contro la ricchezza e la magnificenza dei quartieri signorili sbalordiscono. A ogni passo vi trovate dinanzi a un palazzo immenso, straricco di bassorilievi e di ornati, e pensate che sia un palazzo reale; è invece una stazione della strada ferrata, un albergo, una casa di commercio. Strade intere sono fiancheggiate dalle due parti da questi splendidi colossi, ciascuno dei quali, visto dall’estremità opposta di quello accanto, sembra già molto lontano, e mostra vagamente la sua nera mole a traverso la nebbia come una enorme rupe tagliata a picco. Il grandioso che in altre città è sparpagliato e bisogna cercarlo, là vi circonda; e quello che in altre città vi par tale, portato là coll’immaginazione, si perde nell’immenso. Attraversate dei quartieri monumentali, passate da una città di palazzi, silenziosa come se fosse disabitata, in una città di officine, nella quale udite mille rumori, senza vedere nessuno; e da questa in un vasto sobborgo dove formicola un popolo immenso, e non si ode quasi strepito; e uscendo da questo sobborgo, rientrate in una città di palazzi. Non errate per una città, viaggiate per un paese.
Chi può dire le mille impressioni sfuggevoli che si provano girando soli per una città come Londra? La meraviglia si fa sentire come a scatti; ma tra scatto e scatto, per lo più, non si prova che noia e stanchezza. Dieci volte all’ora uno si domanda: — Ma forse che mi diverto io? E non è altro che questo il piacere che si prova viaggiando? — A volte vi assale un timore improvviso di cader malati nel mezzo della strada, d’esser toccati chi sa da chi, portati chi sa dove.
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Londra
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