Toccar con mano che a casa nostra, mentre credevamo di leggere il libro del mondo, non ne leggevamo veramente che una pagina, che mille cose che ci parevano grandi, importanti, e tali da riempire di sè mezzo il mondo, non sono che robetta di casa, che non conta il bellissimo nulla un passo fuori dell’uscio! A ogni passo che si fa in un paese straniero, ci si apre sotto gli occhi come una crepa, per la quale vediamo giù gli abissi della nostra ignoranza, e ci giunge d’in fondo una risata di compassione. Ma v’hanno dei momenti, per contro, nei quali il movimento delle idee ci si fa così rapido, e vediamo, indoviniamo, comprendiamo in un lampo tante cose che ci erano ignote od oscure prima d’allora, che se quella febbrile attività della mente potesse durare continua, si sarebbe uomini straordinarii. Che grandi disegni si fanno allora, che sfumano alla prima svoltata di strada!
Quello che mi meravigliò di più a Londra, dopo la grandezza e la ricchezza, è l’ordine. Quella città enorme è assestata come un villaggio olandese. Le funzioni della sua immensa vita si compiono a rigor di orologio. Uno straniero che appena capisca il francese, si cava da solo d’ogni impaccio e senza perdere un minuto di tempo. I muri e le diligenze, coperte d’infinite iscrizioni, lo guidano costantemente, e a ogni passo; qualcuno gli mette in mano un foglio stampato che gli dà un consiglio o una notizia utile. In qualunque parte di Londra uno si smarrisca, non ha che da andare nel senso del primo treno che vede passare sui tetti; il treno lo conduce a una stazione; i muri della stazione gl’insegnano la strada per tornar a casa.
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Londra Londra
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