Si entra nel boulevard Bonne nouvelle, e cresce ancora il formicolìo, il ronzìo, lo strepito; la pompa dei grandi «magazzini» che schierano sulla strada le vetrate enormi; l’ostentazione della réclame, che sale dai primi piani ai secondi, ai terzi, ai cornicioni, ai tetti; le vetrine diventan sale, le merci preziose s’ammucchiano, i cartelloni multicolori si moltiplicano, i muri delle case spariscono sotto una decorazione smagliante, puerile e magnifica che seduce e stanca lo sguardo. Non è una strada per cui si passa; è una successione di piazze, una sola immensa piazza parata a festa, dove rigurgita una moltitudine che ha addosso l’argento vivo. Tutto è aperto, trasparente, messo in vista, come in un grande mercato signorile all’aria libera. Lo sguardo penetra fin nelle ultime sale delle botteghe straricche, fino ai comptoirs lontani dei lunghi caffè bianchi e dorati, e nelle stanze alte dei restaurants principeschi, e abbraccia a ogni leggerissimo cambiamento di direzione, mille bellezze, mille sorprese, mille minuzie pompose, una varietà infinita di tesori, di ghiottonerie, di giocattoli, di opere d’arte, di bagattelle rovinose, di tentazioni di ogni specie, da cui non si libera che per ricadervi dall’altra parte della strada, o per ricrearsi lungo le due file senza fine di chioschi, scaccheggiati di tutti i colori d’arlecchino, coperti d’iscrizioni e di figure grottesche, tappezzati di giornali d’ogni paese e di ogni forma, che danno al vasto boulevard l’apparenza bizzarra e s
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Bonne
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