Il cotone è disposto in forma di tabernacoli e di cappelle commemorative; le spille, a milioni, in trofei; l’allume di potassa a muraglie; la cera di Spagna in torri alte come case; i tappeti in piramidi che toccan la vôlta; la glicerina modellata in busti d’uomini celebri; il sapone fuso in colonne monumentali d’apparenza marmorea; i tubi di ferro congiunti in forma di organi titanici o di chiesuole di stile gotico, le marmitte in obelischi egizii, i cilindri di rame in colonnati babilonesi, le funi telegrafiche in campanili. V’è una gara di bizzarrie architettoniche spinta a un segno che fa ridere. Un mercante di stoffe fabbrica un castello di materasse? L’orologiaio vicino innalza una piramide di duemila casse d’orologi. Un olandese espone un tempio di stearina che può contenere venti persone, colle sue statue e colle sue gradinate? E un francese costruisce un tempio di cristallo sorretto da sei colonne e circondato da una balaustrata, che costa venticinque mila napoleoni. Un profumiere inglese consacra una palazzina ai suoi cosmetici e alle sue boccette? E un chiodaio parigino rappresenta con nient’altro che coi suoi chiodi dalla testa dorata, il palazzo del Trocadero colla sua cupola, colle gallerie e colla cascata. Un liquorista d’Amsterdam fa colle sue bottigline un altare da cattedrale? E un profumiere di Rotterdam gli fa zampillare davanti una fontana d’acqua di Colonia. Questo per attirare gli sguardi e i quattrini. Aggiungete una infinità di medaglie d’onore e di documenti d’ogni sorta, esposti dai venditori, molti dei quali mettono persino in mostra le fotografie e le lettere di complimento dei loro clienti.
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