Per dolci la Francia vi offre il palazzo di Fontainebleau e delle cattedrali gotiche di zucchero, e dei mazzi gustosissimi di rose e di violette, che sembran colte un’ora prima. Dopo il desinare, ricevete il caffè gratis dalla repubblica del Guatemala, se pure non preferite quello scelto e tritato dalle negre di Venezuela. E poi, per rincette, potete sorseggiare un bitter di nuova invenzione che vi porge una svizzera in costume di Berna all’ombra d’un chioschetto signorile; o andare nel chiosco olandese, dove tre belle frisone rosee, col casco dorato, vi fanno sentire il curasò o lo scidam; o arrischiarvi a gustare il liquor di fichi nel padiglione del Marocco, rallegrato dagli strimpellamenti di tre suonatori, uno dei quali pesa centonovanta chilogrammi a stomaco vuoto; o mettervi fra le labbra un sigaro di nuovo genere che invece d’un nuvoletto di fumo vi caccia in bocca un bicchierino di cognac. Ne avete abbastanza? Ma voi volete fumare. Ebbene, ci sono i sigari avvelenati della Repubblica d’Andorre, e la magnifica esposizione dei sigari di Cuba, d’ogni grandezza e di ogni forma, dorati, stemmati, odorosi, – veri lavoretti d’arte – profusi a miriadi, – davanti ai quali il fumatore italiano estenuato dai patimenti passa «sospirando e fremendo.» Tutta questa doppia galleria dei prodotti alimentari è ammirabile per varietà e per ricchezza. È un’architettura interminabile di bottiglie che s’alzano in torri, in scale a chiocciola, in gradinate multicolori e scintillanti; una moltitudine di tempietti splendidi d’oro e di cristalli, che potrebbero coprire delle statue di numi, e coprono dei porci salati; una magnificenza di teatrini, d’altari, di troni, di biblioteche, pieni di ghiottumi così graziosamente disposti e decorati, che il gran pittore delle Halles di Parigi ne potrebbe cavare un quadro meraviglioso per uno dei suoi romanzi avvenire.
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