Tutti i suoi cinquanta volumi sono pieni di gioventù e di vita come se fossero venuti alla luce, tutti insieme, pochi anni sono. La vita di quest’uomo è stata una guerra continua; una guerra letteraria, prima, bandita dal teatro; una guerra politica, dopo, rotta nelle assemblee e proseguita in esilio: l’una contro il classicismo, l’altra contro un imperatore; tutt’e due vinte da lui. Nessun altro scrittore del suo tempo fu più di lui combattuto, e nessun altro sedette, vecchio, sopra un più alto piedestallo di spoglie nemiche. Falangi d’avversarii furiosi gli attraversarono la strada; – egli passò – e quelli disparvero. I suoi grandi rivali discesero l’un dopo l’altro nel sepolcro, sotto i suoi occhi. Una serie di sventure tragiche disperse la sua famiglia: tutti i rami della quercia caddero l’un sull’altro fulminati; il vecchio tronco rimase saldo ed immobile. Egli passò per tutte le prove: fu povero, fu perseguitato, fu proscritto, – solo – vagabondo – vituperato – deriso; ma continuò impassibilmente, con una ostinazione meravigliosa, il suo enorme lavoro. In tempi in cui pareva finito, si rialzò tutt’a un tratto, trasfigurato, con opere piene di nuove forze e di nuove, promesse. Su tutte le vie della letteratura mise l’impronta dei suoi passi giganteschi. Non tentò, assalì tutti i campi dell’arte, e v’irruppe tempestando, rovesciando, sfracellando, lasciando da ogni parte le traccie di una battaglia. Alla tribuna, nel teatro, in tribunale, in patria, in esilio, nella poesia e nella critica, giovane e settuagenario, fu sempre ad un modo, audace, ostinato, sfrenato, provocatore, rude, furioso, selvaggio.
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