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      Posso esservi utile in qualche cos’altro? — Parlando con quello della variante, mi fece strabiliare. Si trattava, se non sbaglio, d’una scena del Roi s’amuse. Egli se la ricordava verso per verso, e ne recitò speditamente una decina per rammentarsene uno che nel primo momento non gli era venuto alla mente. La sua memoria prodigiosa, del resto, si rivela nella immensa ricchezza della sua lingua e nelle citazioni infinite delle sue opere. Per ultimo si fece innanzi il giovane belga, timidamente, tormentando con tutt’e due le mani l’ala del suo cappello cilindrico, e disse con voce commossa, fissando in viso a Vittor Hugo due occhi azzurri e umidi: — Signore! Io son venuto a Parigi per vedervi. Sono di Bruges. Non avevo il coraggio di presentarmi. Mio padre mi scrisse: — Va, Vittor Hugo è grande e buono; non rifiuterà di riceverti. — E allora vi scrissi. Vi ringrazio. Mi sarei contentato di vedervi passare per la strada. Io vi debbo uno dei più bei giorni della mia vita, signore! — Disse queste poche parole con una semplicità e una grazia, da farsi baciare sulla fronte. Vittor Hugo gli rispose non so che cosa, affettuosamente, mettendogli una mano sulla spalla. Il suo viso sfolgorò. Tutti gli altri, in disparte, tacevano. Poi Vittor Hugo ci guardò tutti, l’un dopo l’altro, benevolmente; tutti gli tenevan gli occhi addosso, nessuno fiatava, egli parve un po’ imbarazzato e sorrise; e fu per qualche momento una scena muta, ma piena di vita e di poesia, di cui serberò il ricordo e sentirò la gentilezza per sempre.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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