Non fu uno dei suoi discorsi più felici; ma non è qui il luogo di giudicarlo. Lesse lentamente, ad alta voce, spiccando con arte perfetta ogni frase, ogni parola, ogni sillaba. La sua voce è ancora gagliarda e sonora, benchè nei lunghi periodi s’affievolisca un poco, e gli sfugga qualche volta in note acute e stridenti. Ebbe dei momenti stupendi. Quando disse:
— Voi siete gli ambasciatori dello spirito umano in questa grande Parigi; siate i benvenuti; la Francia vi saluta, — disse le ultime parole con un accento pieno di nobiltà e con un gesto largo e vigoroso, che scosse tutto il teatro. Quando disse: — Hommes du passé, prenez-en votre parti, nous ne vous craignons pas, — e così dicendo, scrollò e levò in alto, come un leone, la sua testa possente, e fissò gli occhi fulminei in fondo alla sala, in aria di sfida e di minaccia, e restò qualche momento immobile in quell’atto, col viso infocato, in mezzo a un silenzio profondo; fu veramente bello e terribile come un canto dei suoi Châtiments, e un brivido corse per la platea. Poi il suo discorso pieno fino a quel punto di collere sorde, si raddolcì sull’argomento dell’amnistia, e allora la sua voce mutò suono, e parve quella d’un altro, e quelle nobili parole: — Tutte le feste son fraterne; una festa non è festa se non perdona a qualcuno, — le disse con un accento inesprimibilmente soave di pietà e di preghiera, che suscitò nella folla un violento fremito di consenso, cento volte più eloquente dell’applauso. E infine dicendo quella frase: — V’è una cosa più grande di qualunque trionfo, ed è lo spettacolo della patria che apre le braccia e del proscritto che appare all’orizzonte, — colorì il suo pensiero con un atto solenne della mano e con uno sguardo dolcissimo e triste, che provocò un uragano d’applausi e di grida.
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Parigi Francia Châtiments
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