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      III.
     
      Per mezzo del mio caro amico Parodi, ebbi l’onore di conoscere lo Zola, e di passar con lui parecchie ore in casa sua.
      È un giovane ben piantato; solidement bâti; un po’ somigliante, nella travatura delle membra, a Vittor Hugo; più grasso, non molto alto, ritto come una colonna, pallidissimo; e la sua pallidezza apparisce anche maggiore per effetto della barba e dei capelli neri, che gli stanno ritti sulla fronte come peli di spazzola. È curioso che quasi tutti coloro che vedono il ritratto dello Zola dicono: — Questo viso non mi riesce nuovo. — Ha il viso rotondo, un naso audace, gli occhi scuri e vivi, che guardano con una espressione scrutatrice, fieramente – , la testa d’un pensatore e il corpo d’un atleta, – e mani ben fatte e salde, di quelle che si stringono e si ritengono strette con piacere. Mi rammentò a primo aspetto il suo Gueule-d’or, e mi parve che sarebbe stato in grado di fare le stesse prodezze sopra l’incudine. La sua corporatura gagliarda era messa meglio in evidenza dal suo vestimento. Era in babbuccie, senza colletto e senza cravatta, con una giacchetta ampia e sbottonata, che lasciava vedere un largo torace sporgente, atto a rompere l’onda degli odii e delle ire letterarie. In tutto il tempo che rimasi con lui non lo vidi mai ridere.
      Mi ricevette cortesemente, con una certa franchezza soldatesca, senza le solite formule di complimento. Appena fummo seduti, prese in mano un tagliacarte fatto a pugnale, colla guaina, e lo ritenne finchè durò la conversazione, sguainandolo e ringuainandolo continuamente con un gesto vivace.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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