Parlò prima della sua famiglia. La madre di suo padre era candiota, e suo padre Francesco Zola, di Treviso. Dopo la pubblicazione dell’Assommoir egli ricevette dal Veneto parecchie lettere di parenti lontani che non conosceva. Parlò con amore di suo padre. Era ingegnere militare nell’esercito austriaco; era assai colto; sapeva lo spagnuolo, l’inglese, il francese, il tedesco; pubblicò vari scritti scientifici, che lo Zola conserva, e ce ne mostrò uno con alterezza. Non ricordo in che anno, ma ancora assai giovane, lasciò il servizio militare e si mise a far l’ingegnere civile. Andò in Germania, dove lavorò alla costruzione d’una delle prime strade ferrate; poi in Inghilterra, poi a Marsiglia, donde fece varie escursioni in Algeria, sempre lavorando. Da Marsiglia fu chiamato a Parigi per le fortificazioni. Qui si ammogliò e qui nacque Emilio Zola, che rimase a Parigi fino all’età di tre anni. Poi la famiglia andò a stabilirsi a Aix, dove Francesco Zola lavorò alla costruzione d’un gran canale, che fu battezzato col suo nome e lo serba ancora. Il padre Zola possedeva una gran parte delle «azioni» di questo canale; circa centocinquantamila lire. Morto lui, la società fallì, e alla stretta dei conti, pagati i creditori, non rimase alla vedova che un piccolissimo capitale. Il figliuolo Emilio provò perciò la strettezza fin da ragazzo, ed ebbe una giovinezza poco lieta. A diciott’anni venne a Parigi a cercar fortuna, e qui cominciò, per lui una serie di prove durissime. Fu per qualche tempo impiegato nella casa Hachette, prima a cento lire il mese, poi a cento cinquanta, poi a duecento.
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