— Studiai poco, — disse; — prendevo dei premi; ma ero un cattivo scolaro. — Sentì il primo impulso a scrivere verso i quattordici anni. Era in Umanità. Scrisse fra le altre cose un romanzo sulle Crociate, che conserva ancora, e mise in versi dei lunghi squarci di prosa del Chateaubriand; cosa che deve sconcertare alquanto i critici che vogliono ad ogni costo veder gl’indizii dell’indole d’un grande scrittore anche nelle prime manifestazioni dell’ingegno adolescente. Le sue prime letture furono Walter Scott e Vittor Hugo. — Lessi i due autori insieme — disse — ma senza sentir gran fatto la differenza, perchè non capivo ancora nè lo stile nè la lingua di Vittor Hugo. — Poi cominciò a leggere il Balzac. E anche questa è strana. Il Balzac l’annoiò; gli pareva lungo, pesante, poco «interessante»; non lo capì e non lo fece suo che lungo tempo dopo. Fin qui nessuna lettura gli aveva lasciata una profonda impressione. Più tardi, quando cominciò a leggere pensando, i suoi tre scrittori prediletti furono il Musset, il Flaubert e il Taine. Nel Musset non si vede chiaramente che cosa abbia attinto, se non è il sentimento di certe finezze voluttuose della vita signorile, ch’egli esprime però senza compiacenza, da artista profondo, ma freddo. Del Flaubert non occorre dire: è l’arte medesima, spinta più in là, più minuziosa, più cruda, più vistosamente colorita, e anche più faticosa. Del Taine ritrae specialmente nell’analisi. Il suo metodo è quello seguito dal Taine nello studio sopra il Balzac; procede come lui ordinato, serrato, cadenzato, a passi eguali e pesanti; dal che deriva, a giudizio di alcuni, un certo difetto di sveltezza al suo stile, che è in ispecial modo apparente nei suoi ultimi libri.
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