— Ma che diverrebbe l’arte se tutti lo seguissero? Mi vien sempre in mente quella sentenza del Rénan: — Il mondo è uno spettacolo che Dio dà a sè stesso. Per carità, non facciamolo tutto d’un colore, se non vogliamo annoiarci anche noi. — C’è posto per tutti — come diceva Silvio Pellico — e nessuno se ne vuol persuadere. — Non capisco come ci sia della gente d’ingegno che picchia sulla testa a una parte dell’umanità unicamente perchè non sente e non esprime la vita come essi la sentono e la esprimono. È come se i magri volessero mettere al bando dell’umanità i grassi; e i linfatici, i nervosi. In fondo, chi non vede chiaramente che è una guerra che certe facoltà dello spirito fanno ad altre facoltà? Emilio Zola, non men degli altri, non fa che tirar l’acqua al suo mulino, Egli dirà, per esempio, che la tragedia greca è realistica, e che non si deve descrivere che quello che si vede o che s’è visto, e che quando si mette un albero sulla scena, dev’essere un albero vero; e forse, in cuor suo, sorriderà di queste affermazioni. E quando qualcuno lo coglierà in contraddizione, risponderà ingenuamente: — Que voulez vous? Il faut bien avoir un drapeau. — Siamo d’accordo; ma è quasi sempre la bandiera, non della propria fede, ma del proprio ingegno. E lo stesso Zola è sempre realista, anche quando dà cuore e mente agli alberi e ai fiori? A un uomo come lui si può ben dire quello che si pensa.
Parlò pure del teatro. Disse che era falsa la notizia data dai giornali, che egli avesse incaricato due commediografi, di cui non ricordo il nome, di fare un dramma dell’Assommoir.
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