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      E saran tutti romanzi del «ciclo» Rougon Macquart. Egli ne ha già nella mente, come una visione, mille scene: abbozzi confusi, pagine lucidissime, catastrofi tremende e avventure comiche e descrizioni sfolgoranti, che gli ribollono dentro senza posa, e sono l’alimento vitale dell’anima sua. Ha ancora otto romanzi da scrivere. Quando la storia dei Rougon Macquart sarà finita, egli spera che, giudicando l’opera intera, la critica gli renderà giustizia. Intanto lavora tranquillamente, e va diritto alla sua meta, senza guardar nè indietro nè ai lati, Il suo studio è la sua cittadella, nella quale egli si sente sicuro, e scorda il mondo, tutto assorto nelle graves jouissances de la recherche du vrai.
      — Vedete, — disse in fine, — io sono un uomo tutto di casa. Non son buono a nulla se non ho la mia penna, il mio calamaio, quel quadro là davanti agli occhi, questo panchettino qui sotto i piedi. Portato fuor del mio nido, son finito. Ecco perchè non ho passione per viaggiare. Quando arrivo in una nuova città, mi segue sempre la medesima cosa. Mi chiudo nella mia camera d’albergo, tiro fuori i miei libri e leggo per tre giorni filati senza mettere il naso fuor dell’uscio. Il quarto giorno m’affaccio alla finestra e conto le persone che passano. Il quinto giorno riparto.
      — C’è un viaggio però — soggiunse — che farò sicurissimamente: un viaggio in Italia.
      — Quando? — gli domandai ansiosamente.
      — Quando avrò finito Nana, — rispose. — Probabilmente la ventura primavera. È un mio antico desiderio.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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