E può giovare a provarlo il seguente aneddoto che io riferisco, come l'ho sentito narrare, senza neanco un'ombra d'intenzione di ferire la persona che n'è attore principale. Una volta un giovane italiano, che io conosco intimamente, fu presentato a una delle più ragguardevoli signore della città, e ricevuto con una squisita cortesia. Erano presenti alla conversazione parecchi italiani. La signora parlò con molta simpatia dell'Italia, ringraziò il giovane dell'entusiasmo che mostrava d'avere per la Spagna, mantenne, in una parola, una viva e gioviale conversazione coll'ospite riconoscente per quasi tutta la serata. A un tratto gli domandò: "E tornando in Italia, in che città s'andrà a stabilire?"
A Roma,
rispose il giovane.
Per difendere il Papa?
domandò la signora con la più schietta franchezza.
Il giovane la guardò, e rispose sorridendo ingenuamente: "No, davvero."
Quel no scatenò una tempesta. La signora scordò che il giovane era italiano, e suo ospite, e proruppe in una tale sfuriata d'invettive contro il Re Vittorio, il governo piemontese, l'Italia, risalendo dall'entrata[24] dell'esercito in Roma fino alla guerra delle Marche e dell'Umbria, che il mal capitato straniero diventò bianco come un cencio di bucato. Ma fatto forza a sè stesso, non rispose parola, e lasciò agli altri italiani, ch'erano amici di vecchia data, la cura di sostener l'onore del loro paese. La discussione durò un pezzo, e fu accanita; la signora s'accorse poi d'essersi lasciata andare tropp'oltre, e fece capire che n'era dolente; ma una cosa apparve chiarissima dalle sue parole, ed è ch'ella era convinta, e con lei chi sa quante! che l'unificazione d'Italia si fosse fatta contro la volontà del popolo italiano, dal Piemonte, dal Re, per avidità di dominio, per odio alla religione ec.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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