È l'ultima veduta della campagna catalana; dopo pochi minuti s'entra in Aragona.
Aragona! Quante vaghe istorie di guerre, di banditi, di regine, di poeti, d'eroi, d'amori famosi ridesta nella memoria questo sonoro nome! E qual profondo senso di simpatia e di rispetto! La vecchia, nobile ed altera Aragona, sulla cui fronte brilla il[36] più splendido raggio della gloria di Spagna! Sul suo stemma secolare sta scritto a caratteri di sangue:-Libertà e valore.-Quando il mondo si curvava sotto il giogo della tirannide, il popolo aragonese diceva ai suoi re per bocca del suo Gran Giustiziere:-Noi che siamo quanto voi, e più possenti di voi, vi abbiamo eletto nostro signore e re, col patto che conserviate i nostri diritti e la nostra libertà; e se no, no.-E i suoi re s'inginocchiavano dinanzi alla maestà del Magistrato del popolo, e prestavan giuramento sulla formola sacra. In mezzo alla barbarie del Medio Evo, la fiera gente aragonese non conosceva la tortura, il giudizio segreto era bandito dai suoi codici, tutte le sue istituzioni proteggevano la libertà del cittadino, e la legge aveva impero assoluto. Discesero, mal paghi alla ristretta patria delle montagne, da Sobrarbe a Huesca, da Huesca a Saragozza, ed entrarono vincitori nel Mediterraneo. Congiunti alla forte Catalogna, redensero dall'araba signoria le Baleari e Valenza; combatterono a Muret per il diritto oltraggiato e la coscienza violata; domarono gli avventurieri della casa d'Angiò, spodestandoli delle terre italiane; ruppero le catene del porto di Marsiglia, che pendono ancora dalle pareti dei loro tempi; signoreggiarono il mare dal golfo di Taranto alle foci del Guadalaviar, colle navi di Ruggero di Lauria; soggiogarono il Bosforo, colle navi di Ruggero di Flor; da Rosas a Catania corsero il Mediterraneo sulle ali della vittoria; e come se fosse angusto l'Occidente alla loro grandezza,[37] andarono ad incidere sulla cima dell'Olimpo, sulle pietre del Pireo, sui monti superbi che son quasi le porte dell'Asia, il nome immortale della patria.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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