Entrai nella città con un certo sentimento di trepida riverenza; la terribile fama di Saragozza me ne imponeva; quasi mi mordeva la coscienza di averne tante volte profanato il nome nella scuola di Rettorica, quando lo gettavo in volto, come un guanto di sfida, ai tiranni; le strade eran buie; non vedevo che il nero contorno dei tetti e dei campanili sul cielo stellato; non sentivo che il rumore delle diligenze degli alberghi che si allontanavano. A certe svoltate, mi pareva di veder luccicare alle finestre canne di fucile e pugnali, e di udir grida lontane di feriti.[42] Avrei dato non so quanto perchè spuntasse il giorno, per cavarmi la vivissima curiosità che mi stimolava, di visitar ad una ad una quelle strade, quelle piazze, quelle case famose per lotte disperate e uccisioni orrende, ritratte da tanti pittori, cantate da tanti poeti, e sognate da me tante volte prima di partire d'Italia, ripetendomi con gioia:-Le vedrai!-Giunsi finalmente al mio albergo, guardai fisso il cameriere che mi condusse alla camera, sorridendogli amorevolmente come per dire:-Non sono un invasore, risparmiami!-e data un'occhiata a un gran ritratto di Don Amedeo appeso alla parete del corridoio, in un canto, a particolare conforto dei viaggiatori italiani, andai a letto, chè cascavo di sonno come uno qualunque dei miei lettori.
Allo spuntar del giorno mi precipitai fuori dell'albergo. Non c'era ancor nè botteghe, nè porte, nè finestre aperte; ma non appena misi il piede nella strada, mi scappò un mezzo grido di stupore.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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Saragozza Rettorica Avrei Italia Don Amedeo
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