Mi restava perō una gran voglia di fare un po' di conversazione con qualche buon saragozzano, e dopo desinare andai al caffč, dove trovai subito un capomaestro e un bottegaio, che tra un sorso e l'altro di cioccolatte, mi esposero lo stato politico della Spagna e i mezzi pių efficaciDi portar la baracca a salvamento.
La pensavano molto diversamente. L'uno, il bottegaio, ch'era un ometto col naso rincagnato e un[64] grosso bernoccolo tra occhio e occhio, voleva la repubblica federale, senza transazioni, quella sera stessa, prima d'andare a letto; e metteva come condizione sine qua non per la prosperitā del nuovo governo, che si fucilasse il Serrano, il Sagasta e lo Zorilla, per convincerli una volta per sempre que no se chanzea con el pueblo espaņol, che non si scherza col popolo spagnuolo. "Y su rey de Ustedes," concludeva volgendosi verso di me, "al re che ci han mandato loro,-mi perdoni, caro il mio Italiano, la franchezza con cui le parlo,-al loro re un biglietto di prima classe per tornarsene á la hermosa Italia, ove c'č miglior aria per i Re. Somos espaņoles"-perdoni, caro il mio Italiano e mi metteva una mano sul ginocchio-"somos espaņoles, e non vogliamo stranieri, nč cotti, nč crudi!"
Mi pare d'aver capito il suo concetto; e lei,
domandai al capomaestro, "come crede lei che si potrebbe salvar la Spagna?"
No hay mas que un medio!
rispose con accento solenne; "non v'č che un mezzo! Repubblica federale,-in questo sono d'accordo col mio amico,-ma con Don Amedeo presidente!"-(L'amico scrollō le spalle) "Ripeto: con Don Amedeo presidente!
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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