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      -E poi Don Amedeo designato coll'appellativo di pobre bambino, l'esercito italiano chiamato un esercito di ballerini e di cantanti, gl'Italiani di Spagna invitati a sfrattare col poco gentile avvertimento di:-Italianos al tren!-(Italiani al treno); in somma, chiedete e domandate, ce n'era una per sorte. Vi confesso che, su quel subito, rimasi un po' turbato; m'immaginai che a Madrid gl'Italiani fossero poco meno che segnati[75] a dito per le vie; mi ricordai della lettera ricevuta a Genova; ripetevo tra me e me quell'Italianos al tren, come un consiglio che meritasse una seria meditazione; guardavo con sospetto i viaggiatori che entravano nel carrozzone, e gl'impiegati della strada ferrata, e mi pareva che, al primo vedermi, tutti dovessero dire:-Ecco là un emissario italiano; mandiamolo a tener compagnia al general Prim.-
      Avvicinandosi a Miranda, la strada s'inoltra in una contrada montagnosa, varia, pittoresca; dove da qualunque parte si volga lo sguardo, non si vedon che roccie grigiastre, a perdita d'occhio, che rendon l'immagine d'un mare petrificato nell'atto della tempesta. È un paese pieno di bellezza selvaggia, solitario come un deserto, silenzioso come un ghiacciaio, che rappresenta alla fantasia come una visione di pianeta disabitato, e desta un senso misto di tristezza e di paura. Il treno passa fra due pareti di roccie puntagute, incavate, crestate, faccettate in tutti i sensi e in tutte le forme, che par che intorno a ciascuna abbian lavorato tutta la vita una folla di scalpellini furiosi, facendo alla cieca a chi ci lasciasse le traccie più capricciose.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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