Vivaddio, che salto! non importa: andiamo a vedere i resti del Cid.
Andammo al palazzo municipale. Una vecchia portinaia ci fece attraversare tre o quattro piccole sale fin che s'arrivò a una stanza dove tutti e tre ci fermammo. "Ecco los restos," disse la donna accennando una specie di cofano posto sur un piedistallo in mezzo alla stanza. Mi avvicinai, essa alzò il coperchio, io guardai dentro. Vi eran due scompartimenti, in fondo ai quali si vedevan alcune ossa ammonticchiate, che parevan frantumi di mobili vecchi. "Queste," disse la portinaia "sono le ossa del Cid, e quest'altre le ossa di Ximene, sua moglie."-Presi in mano uno stinco dell'uno e una costola dell'altra,[83] li guardai, li palpai, li rigirai; ma non riuscendo a raccappezzare la fisonomia nè del marito nè della moglie, li rimisi. Allora la donna mi accennò una scranna di legno mezzo disfatta appoggiata alla parete, e un'iscrizione che diceva essere quella la scranna sulla quale sedettero i primi giudici di Castiglia Nunius Rasura, Calvoque Lainus, trisavoli del Cid; il che vuol dire che quel prezioso mobile sta ritto in quel medesimo posto dalla bellezza di novecent'anni. L'ho in questo momento dinanzi agli occhi, disegnato nel mio quaderno, a linee serpeggianti; e mi pare ancora di sentire la buona donna che mi domanda: "Es Usted pintor?" e mi mette il mento sulla matita per ammirare il mio capolavoro. Nella stanza accanto mi mostrò un braciere della stessa anzianità della scranna, e due ritratti, l'uno del Cid e l'altro di Ferdinando Gonzales, primo conte di Castiglia, tutti e due così confusi e slavati, da non porger l'immagine delle persone, meglio che gli stinchi e le costole dei due illustri consorti.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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