Mi condusse a veder l'Ascensione del Rubens, gran quadro di grande effetto, che starebbe bene sur un altar maggiore: una Vergine maestosa e sfolgorante che sale al cielo, e ai lati, e sopra, e sotto, un visibilio di volti d'angelo, di corone di fiori, di chiome d'oro, d'ali bianche, di svolazzetti, di raggi; e tutto tremola, fende l'aere e va su, come uno stormo di passere, onde pare che da un momento all'altro debba sollevarsi e sparire.
Ma era fissato ch'io non dovessi uscire dal Museo con una gradevole immagine davanti agli occhi. La portinaia aperse una porta e mi disse ridendo:-Entri.-Entrai e detti indietro intimorito: mi parve d'esser capitato in un manicomio di giganti. La vasta sala era piena di colossali statue di legno colorito, rappresentanti tutti gli attori e tutte le comparse del gran dramma della Passione, soldati, aguzzini, spettatori, ciascuno nell'atteggiamento richiesto dal suo ufficio, chi in atto di flagellare, chi di legare, chi di ferire, chi di schernire,-orrendi volti orrendamente[118] contratti;-poi le donne inginocchiate, Gesł confitto sopra una croce enorme, i ladroni, la scala, gli strumenti del supplizio: tutte le cose occorrenti, in somma, per rappresentare la Passione, come si faceva una volta, sulle piazze, con un gruppo di quei colossi, che dovevano occupare lo spazio d'una casa. E anche qui piaghe, chiome inzuppate di sangue, lacerazioni da far raccapriccire. "Vede quel Giudeo lą?" mi disse la donna accennandomi una delle statue, una faccia patibolare che sogno ancora adesso di tratto in tratto.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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