Il medesimo feci in tutte le altre città: quando la mente è stanca, il volerla forzare ancora all'attenzione, per quella pedanteria di non mancare di riguardo alla Guida, sarà una bella prova di costanza; ma nuoce a chi viaggia collo scopo di narrar poi le impressioni delle cose viste. Poichè tutto non si può ritenere, val meglio non confondere la memoria viva delle cose principali, con una folla di ricordi vaghi delle cose di minor conto. Oltrechè non si serba mai grata ricordanza d'una città nella quale ci si è fatto il capo come un cestone.
Per cogliere l'aspetto vespertino della città, andai a passeggiare sotto i portici, dove s'incominciavano ad illuminare le botteghe; e v'era un viavai di soldati, di studenti, di ragazze, che sparivan nelle porticine, volteggiavano intorno alle colonne, guizzavano di qua e di là, sfuggendo alle mani impronte[120] degl'insecutori avvolti nelle ampie cappe; e frotte di ragazzi scorazzavano per la piazza empiendo l'aria di grida sonore; e per tutto eran capannelli di caballeros, dai quali si udivano tratto tratto i nomi del Serrano, del Sagasta e di Amedeo, alternati colle parole justicia, libertad, traicion, honra de España, e simili. Entrai in un ampissimo caffè pieno zeppo di studenti, e là saziai, come direbbe uno scrittore scelto, il natural talento di cibo e di bevanda. Ma poichè avevo un gran bisogno di discorrere, adocchiai due studenti che sorbivano il caffè e latte al tavolino accanto, e senza far tanti preamboli, diressi la parola ad uno: cosa naturalissima in Spagna, dove si è sicuri di aver sempre una risposta cortese.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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