Scendo a un albergo, n'esco subito, mi metto a girare per la cittą, alla ventura. Non grandi palazzi, non antichi monumenti d'arte; ma strade spaziose, pulite, gaie, fiancheggiate da case dipinte a vivi colori, interrotte da piazze di mille forme diverse, quasi tracciate a caso, e in ogni piazza un giardino, una fontana, una statuetta. Alcune strade in leggiera salita, di modo che, entrandovi, si vede in fondo il cielo, e par che sbocchino nell'aperta campagna; ma giunti sul punto pił alto, un'altra lunga strada si stende allo sguardo. Ad ogni poco, crocicchi di cinque, sei, fino a otto vie, e qui un incrociarsi continuo di carrozze e di gente; i muri coperti, per lunghi tratti, di cartelloni di spettacoli; nelle botteghe, un va e vieni incessante; i caffč, stipati; in ogni parte il brulichķo d'una grande cittą. La strada d'Alcalą, larghissima, da parer[125] quasi una piazza rettangolare, divide Madrid per mezzo, dalla Puerta del Sol verso oriente, e sbocca in una vasta pianura, che si stende lungo tutto un lato della cittą, e contiene giardini, passeggi, piazze, teatri, circo di tori, archi trionfali, musei, palazzine, fontane. Salgo in una carrozza, e dico al vetturino:-Vuela!-Passo accanto alla statua del Murillo, risalgo per la strada Alcalą, infilo la strada del Turco, dove fu assassinato il generale Prim; attraverso la piazza delle Cortes, dove sorge la statua di Michele Cervantes; sbocco nella piazza Maggiore, dove accendeva i suoi roghi l'Inquisizione; torno addietro, e passo dinanzi alla casa di Lopez de Vega; riesco nella vasta piazza d'Oriente in faccia al palazzo reale, dove si innalza la statua equestre di Filippo IV in mezzo a un giardino circondato di quaranta statue colossali; rimonto verso il centro, attraversando altre larghe strade, e piazze allegre, e crocicchi pieni di gente; e ritorno finalmente all'albergo dicendo che Madrid č grande, gaia, ricca, popolosa e simpatica, e che la vorrņ veder tutta, e starci un pezzo, e godermela fin che lo consentano i registri di cassa e la mitezza della stagione.
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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