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      Poi passano i reggimenti colle bande musicali, passa il Re, s'innaffia la piazza con immensi getti d'acqua che s'incrociano nell'aria, vengono i portatori d'avvisi ad annunciar gli spettacoli, irrompono sciami di monelli con bracciate di supplementi, esce un esercito d'impiegati dai Ministeri, ripassan le bande musicali, le botteghe s'illuminano, la folla si fa più fitta, i colpi di gomito spesseggiano, cresce il vocío, lo strepito, il moto. E non è moto di popolo affaccendato; è vivacità di gente allegra, è gaiezza carnevalesca, ozio inquieto, ribollimento, febbriciattola di piacere, che vi si attacca e vi tien lì o vi spinge in giro come un arcolaio senza lasciarvi uscir dalla piazza; una curiosità che non si stanca mai, una beata voglia di spassarsela, di non pensare a nulla, d'ascoltar chiacchiere, di bighellonare, di ridere. Tale è la famosa piazza di Puerta del Sol.
      Un'ora passata là basta per far conoscer di vista, nei suoi varii aspetti, il popolo di Madrid. Il basso popolo veste come nelle nostre grandi città; i signori, se si toglie la cappa che portan l'inverno, si[133] attengono al figurino di Parigi; e son tutti, dal duca allo scrivano, dallo sbarbatello al vecchio tentenna, lindi, azzimati, impomatati, inguantati, come uscissero allora allora dal gabinetto di toeletta. Somigliano da questo lato ai napoletani: belle capigliature nere, barbe coltissime, mani e piedi di donna. Raro il vedere un cappello basso: tutti cappelli a staio; e poi mazze, catene, ciondoli, spille, e nastri all'occhiello a migliaia.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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