E son uomini bellissimi, i picadores alti e tarchiati come atleti; gli altri sottili, svelti, di forme scultorie, visi bruni, occhi grandi e fieri; figure di gladiatori antichi, vestite con uno sfarzo da principi asiatici.
Tutta la cuadrilla si arresta dinanzi al palco del Re e saluta; l'Alcade fa cenno che si può cominciare; cade dal palco nell'Arena la chiave del toril dove son chiusi i tori; una guardia del Circo la raccoglie e la rimette al custode che si va a piantare accanto alla porta, pronto ad aprire. Lo stuolo dei toreros si scioglie, gli espadas saltano al di là della barriera, i capeadores si sparpagliano per l'Arena agitando le loro capas rosse e gialle, dei picadores alcuni si ritirano ad aspettare il loro turno, gli altri spronano il cavallo e vanno ad appostarsi a sinistra del toril, alla distanza di una ventina di passi l'un dall'altro, colle spalle volte alla barriera, e la lancia in resta. È un momento d'agitazione, d'ansietà inesprimibile; tutti gli sguardi son fissi alla porta dalla quale uscirà il toro; tutti i cuori battono; un silenzio profondo regna in tutto il Circo; non si sente che il muggito del toro che s'avanza di chiuso in chiuso, nell'oscurità della sua vasta prigione, quasi gridando:-Sangue! Sangue!-I cavalli tremano, i picadores impallidiscono;-ancora un istante;-squilla la tromba, la porta si spalanca, un toro[179] enorme si slancia nell'Arena; un grido formidabile, scoppiato a un punto da dieci mila petti, lo saluta. La strage comincia.
Ah! si ha un bell'avere la fibra forte: in quel momento si diventa bianchi come cadaveri!
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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
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