La porta s'apre, un toro colle corna fasciate si slancia nell'arena, e lì comincia un parapiglia da non potersi descrivere; la folla lo circonda, lo insegue, lo tira di qua e di là, lo capea coi mantelli e cogli scialli, lo provoca e lo tormenta in mille maniere, finchè il povero animale non potendone più, è fatto uscir dall'arena, e un altro gli sottentra. È incredibile l'audacia con cui quei ragazzi gli si caccian[199] sotto, lo trascinan per la coda, gli saltano addosso; incredibile l'agilità con cui ne scansano i colpi. Qualche volta il toro, voltandosi all'improvviso, ne arriva qualcuno, lo atterra, lo butta in aria, lo solleva in alto sulle corna; talora ne rovescia nella polvere con un sol colpo una mezza dozzina, e toro ed uomini spariscono in un nuvolo di polvere, e lo spettatore teme per un istante che ne sia stato ammazzato qualcuno. Nemmanco per idea! Gl'intrepidi capeadores s'alzano coll'ossa péste e col viso polveroso, scrollan le spalle, e daccapo. Ma non è neanco questo il più bell'episodio degli spettacoli d'inverno. Qualche volta invece dei toreros affrontano il toro le toreras; donne vestite da danzatrici di corda; faccie, davanti alle quali, non gli angeli, ma Lucifero:
Farìa dell'ali agli occhi una visiera;
le picadoras a cavallo a un asino, la espada-quella ch'io vidi era una vecchia sessantenne, chiamata la Martina, asturiana, nota in tutti i circhi di Spagna,-la espada a piedi, collo stocco e la muleta, come il più intrepido matador del sesso forte; tutta la cuadrilla accompagnata da un corteo di chulos con grandi parrucche e grandi gobbe.
| |
Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
|
|
Lucifero Martina Spagna
|