-Accenda!-gridai. Il custode rise d'un riso lungo e lugubre, che mi parve il rantolo d'un moribondo, e rispose:-Guardi!-Guardai: un debolissimo raggio di luce, scendendo da un'apertura vicino alla vôlta,[226] lungo la parete, sin quasi al pavimento, rischiarava appena tanto da renderle visibili, alcune tombe di regine; e pareva un raggio di luna; e i bassorilievi e i bronzi delle tombe luccicavano a quel barlume d'una luce strana, come se stillassero acqua. In quel momento sentii per la prima volta l'odore di quell'aria sepolcrale, e mi prese un brivido di freddo; penetrai, coll'immaginazione, in quelle tombe, e vidi tutti quei cadaveri irrigiditi; cercai uno scampo al di sopra della vòlta, mi trovai solo nella chiesa; fuggii dalla chiesa, mi perdetti nei labirinti del convento; mi rifeci presente a me stesso, in mezzo a quelle tombe, e sentii che veramente ero nel cuore dell'edifizio mostruoso, nella parte più profonda, nel recesso più gelido, nel penetrale più tremendo; e mi parve d'esser prigioniero, sepolto in quel gran monte di granito, e che mi gravitasse tutto addosso, e che da tutti i lati mi premesse, e mi chiudesse l'uscita; e pensai al cielo, alla campagna, all'aria libera come a un mondo remoto, e con un sentimento ineffabile di mestizia.-Signore!-mi disse solennemente il custode, prima di uscire, tendendo la mano verso la tomba di Carlo V:-L'imperatore è là, tal quale come quando ce l'hanno messo, cogli occhi ancora aperti, che par vivo e parlante! È un miracolo d'Iddio che ha il suo perchè! Chi vivrà vedrà!-E dicendo quest'ultime parole abbassò la voce come per timore che l'imperatore sentisse, e fatto il segno della croce, mi precedette su per la scala.
| |
Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze 1873
pagine 422 |
|
|
Carlo V Iddio
|